“Non è più lui/lei!”: l’Alzheimer e il respiro lungo della Psicoanalisi. Uno sguardo psicoanalitico sul supporto psicologico alle famiglie di persone affette da malattia di Alzheimer
Il senso di impotenza che le patologie neuro-cognitive degenerative come l’Alzheimer provocano e la profonda tristezza che assale nell’avere il ruolo di osservatori di una persona che sta scomparendo nel suo essere, sono le fatiche psichiche che i familiari di chi ne è affetto si trovano, giorno dopo giorno, a dover tollerare.
Frasi come “Non è più lui/lei” o “Non mi ascolta! Gli ripeto sempre le stesse cose!” o ancora “Mi fa così rabbia” sono frequentissime ed è necessario aiutare i familiari a prendere coscienza di quello che sta accadendo, sia esternamente che internamente, accompagnandoli con estrema delicatezza lungo il percorso lungo e difficile di comprensione della patologia e delle proprie reazioni rispetto ad essa.
Obbiettivo del supporto sarà mettere in moto un processo trasformativo, un cambiamento graduale, che ha luogo nel momento in cui la persona riesce a non colpevolizzarsi per, ad esempio, le reazioni di fatica, rabbia e tristezza che naturalmente può avere, e ad accettare che questa patologia scardina tutto ciò che è personale: il/la compagno/a di vita, la madre o il padre non sono più gli stessi, non ricordano, non riconoscono… e lo scontrarsi con questa realtà è profondamente doloroso.
In questo scritto non c’è la presuntuosa aspettativa di risolvere i problemi concreti e le difficoltà quotidiane di chi ha una persona cara affetta da Alzheimer, ma un invito a riflettere su come e quanto, l’esprimere ed il condividere le proprie emozioni ed i propri pensieri in compagnia di “uno sguardo psicoanalitico” possa rappresentare un conforto e, con il tempo, una risorsa.
Ma che cosa è la Psicoanalisi?
La definizione riporta “Disciplina, fondata da Sigmund Freud, che ha per oggetto lo studio ed il trattamento terapeutico di disturbi di tipo psicologico, nel quadro di una teoria dinamica della psiche, il cui concetto centrale è quello di inconscio.”
Viene svolta attraverso colloqui – sedute -, con una cadenza settimanale o più, tra uno psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico – psicoanalista – ed un paziente, che insieme e nel tempo, creano una relazione di fiducia all’interno della quale il paziente sarà totalmente libero di esprimersi e di lavorare su di sé.
Le emozioni, identificazioni, motivazioni, pensieri, etc… che fanno parte del modo di essere e di vivere di ognuno di noi, possono essere più o meno consce ed è compito del lavoro psicoanalitico innalzarle ad un maggiore livello di consapevolezza, poiché possano essere comprese ed accettate.
Tutto ciò richiede un grande impegno sia da parte del terapeuta, sia del paziente (si chiama infatti lavoro psicoanalitico) ed un “respiro lungo”, inteso come quantitativo di tempo – maggiore rispetto ad altri orientamenti psicoterapeutici – necessario al suo svolgimento.
L’ipotesi avanzata dalla psicoanalisi è che il trattamento psicoanalitico, attivando il cosiddetto processo analitico, offra una preziosa opportunità trasformativa: una presa di coscienza del proprio modo di essere e, di conseguenza, di agire nel mondo, che possa creare un cambiamento.
Il senso comune ci suggerisce che una trasformazione psicologica è solida quando avviene sia nel rapporto con noi stessi, sia nel rapporto con gli altri, i due livelli sono infatti interdipendenti. Ma il senso comune ci dice anche che le trasformazioni avvengono soprattutto attraverso interventi correttivi, che operano sul piano conscio: consigli, indicazioni direttive, rettifiche di convinzioni errate, etc…
La Psicoanalisi invece basa i fondamenti del proprio essere non agendo a livello pratico, ma ad un livello più profondo, offrendo al paziente spunti di riflessione e comprensione e creando le condizioni perché le potenzialità trasformative insite in ognuno di noi operino in modo costruttivo.
Superficialmente oggi si tende a confinare gli psicoanalisti all’interno dei loro studi, immaginando i pazienti sdraiati sul lettino, impegnati a descrivere la propria infanzia.
Il metodo di lavoro, l’ascolto empatico e non giudicante e la comprensione delle difficoltà e del dolore di chi si ha davanti sono invece bagaglio del professionista che ha una formazione ad orientamento psicoanalitico ed ha un ruolo di cura, anche al di fuori delle classiche sedute.
Offrire un supporto psicologico alle famiglie di persone affette da malattia di Alzheimer significa creare uno spazio sicuro dove vengono riproposti questi principi come conditio sine qua non di un lavoro appassionato che, anche “fuori dalla seduta”, è ascolto, cura e presa in carico.
Dott.ssa Camilla Bochicchio
Psicologa Psicoterapeuta